Mike Horn, latitude 0 e il viaggio sull'equatore

Intervista di Ellade Ossola a Mike Horn e alla moglie Cathy Horn
E' iniziato 2 giugno del 1999 il giro del mondo attorno all'equatore di Mike Horn. Quel giorno, salito a bordo del suo trimarano, Mike affrontava il tratto di Oceano Atlantico che divide il Gabon dal Brasile. Venerdì 27 ottobre 2000 Horn rivede Libreville, da dove era partito un anno e mezzo prima. Era la fine di un viaggio folle. 40'000 chilometri sull'equatore compiuti in mountain bike, a piedi ed in trimarano...


Sono molti gli insegnamenti che il 34enne sudafricano ha tratto da questo interminabile viaggio…
Si, ho appreso molte cose in questa spedizione. La più importante è sicuramente che ho ancora molte, molte cose da imparare. Se dovessi partire ora per il viaggio intorno alla terra… non partirei. Mi sono reso conto di non avere abbastanza conoscenze. Prima del mio viaggio sapevo di conoscere a sufficienza gli elementi naturali: il mare, la montagna, la giungla, il deserto, i laghi. Ed effettivamente non è la natura che mi ha creato problemi ma l'uomo. Paradossalmente mi sono reso conto di non conoscere abbastanza i miei simili: solo se migliorerò la conoscenza dell’essere umano potrò rifare una simile esperienza.

Quali sono i paesi dove hai incontrato le difficolta’ maggiori?
L'equatore, è una zona dove esiste molta violenza, ci sono molte guerre. In Brasile non ho avuto molti problemi a differeza invece di Perù, Colombia ed Ecuador. I problemi maggiori però sono sorti in Colombia, a causa dei narcotrafficanti. Ma anche l’attraversata dell’Indonesia non è stata facile, a causa delle lotte fra cristiani e musulmani. Non è certo una situazione semplice da gestire quando, dopo tre mesi in mare, sei accolto dai militari che ti scortano e dalla Jihad islamica che ti attacca perché sei un cristiano.

Passando poi al continente africano, devo dire che in Kenia tutto è andato per il meglio e che l'Uganda è uno dei paesi più belli che ho attraversato. Lo Zaire è meraviglioso, un paradiso, anche se a causa della guerra ho avuto un po' di disagi. Ma è stato sul finire del viaggio nel Congo Brazaville, in Centrafrica, che ho avuto i problemi più grossi. Dopo la conclusione del giro del mondo sull’equatore, al mio ritorno in Svizzera, ho potuto ripensare alla mia avventura guardandola con maggiore distacco e mi sono reso conto della grande fortuna che abbiamo nel vivere in una paese tranquillo come l’Europa.

Pur vivendo in Svizzera da molti anni, sei sudafricano. Il passaporto sudafricano ti ha in un qualche mondo aiutato durante l’attraversamento del continente nero?
Sicuramente, anche se in Africa è difficile spiegare a qualcuno che sei africano ... pur avendo la pelle bianca. Dopo un primo momento di smarrimento però, quando mostravo loro il passaporto sudafricano e spiegavo che la mia famiglia vive in Africa da oltre 400 anni... a quel punto ero visto come un fratello e tutti cercavano di facilitarmi il compito. E’ però anche capitato, visto che ero bianco, che alcuni abitanti mi chiedessero soldi o medicinali.

Un lunghissimo periodo lontano da casa e lontano dalla tua famiglia, un’assenza sicuramente molto dura da gestire sia per te, sia per tua moglie e per le tue figlie...
Essere lontani dalla famiglia non significa essere distaccati: è vero che non posso giocare con le mie figlie, discutere con mia moglie; fisicamente non sono con loro, ma con la mente sì. Quando ho deciso di intraprendere questa nuova avventura ho parlato con i miei famigliari, e mia moglie e le mie figlie mi hanno spronato a partire.

Quando ho avuto dei momenti duri, di crisi, proprio in quei momenti ho trovato la forza di andare avanti pensando a loro. Pensavo: devo rimanere vivo e motivato. Devo portare a termine il viaggio, così potrò tornare a casa e vedere i miei cari. Molta della motivazione è venuta dalla mia famiglia. Non sempre è stato facile. Sul trimarano avevo un telefono satellitare, ma spesso non avevo nessuna voglia di parlare con loro ... Avevo paura della nostalgia di casa, tuttavia lo facevo, per rispetto verso mia moglie e le mie figlie. Era importante che loro sapessero che stavo bene, che avevo mangiato, che avevo trovato un posto per riposare e dormire. Era importante comunicare loro la mia posizione, permettendogli di seguire la spedizione passo per passo.

Al tuo rientro ci sono stati grandi festeggiamenti e la tua impresa ha trovato ampio spazio sulla stampa. Ti aspettavi tutta quest'attenzione?
Assolutamente no! E' stata una piacevole sorpresa. Quando sono partito ero quasi solo. C'erano gli sponsor, la mia famiglia e qualche amico, loro credevano in me... Mio fratello Martin, ad esempio, ha curato tutta la logistica della spedizione, mia moglie Cathy si è occupata della comunicazione, mia cugina gestiva invece il sito Internet dove si poteva seguire la mia spedizione. Quando sono partito c'erano solo loro, alla fine del viaggio mi sono ritrovato una marea di gente... una sorpresa decisamente positiva.

Dopo il successo del giro del mondo sull’equatore, ora credi che sara’ piu’ facile per te trovare sponsorizzazioni per nuove spedizioni?
Trovare sponsorizzazioni è molto difficile. Io non sono un calciatore o un tennista, sportivi che hanno un calendario prestabilito, con appuntamenti fissi e centinaia di migliaia di persone che li guardano. Sponsorizzare uno di loro significa pubblicità assicurata. Per uno come me che si dedica all'avventura, tentando di realizzare dei progetti che non sono mai stati fatti, è tutto più difficile. Il rischio è sempre molto alto. E lo sponsor che investe dei soldi è conscio del fatto che può perdere tutto, quando propongo una spedizione, non posso sempre assicurare il successo. Spero che gli sponsor attuali continuino a sostenermi anche in futuro. Siamo una squadra solida e unita.

Hai appena concluso una grande esperienza sportiva ed umana. Possiamo gia’ parlare del futuro oppure vuoi prima di tutto assaporare il ritorno a casa?
Il ritorno a casa è già di per sé un progetto per me. Mentirei però se dicessi che non sto già pensando al prossimo progetto. Mi piacerebbe andare in Siberia, attraversarla a piedi, a nuoto ed in piroga. Attualmente però... sono un disoccupato. Devo scovare nuove idee per lavorare e guadagnarmi il pane quotidiano. La mia vita è l'avventura, non riesco a stare fermo. Ne discuterò con mia moglie e con le mie figlie e poi, magari, ripartirò.

Probabilmente per la maggior parte della gente Mike Horn è un pazzo, non la pensa così invece Cathy...
Secondo me Mike è perfettamente normale. E’ vero che la sua vita è un susseguirsi di imprese estreme e rischiose però... questa è la sua vita. Essere la moglie di un uomo così… 'particolare' non è sempre facile ma per me è stupendo. Comunque sia, non cambierei mio marito per nulla al mondo.

Possiamo dire che della vita, in termini di tempo, avete scelto la qualità e non la quantita’: Mike e’ lontano da casa per lunghi periodi. E' difficile spiegare alle tue figlie questa situazione particolare, con il papà lontano da casa fisicamente, ma non mentalmente?
Non è così difficile. E' più facile di quel che pensavo. Ho notato che durante la sua assenza le mie figlie hanno accettato bene la situazione. Sanno che il papà è lontano fisicamente ma ho spiegato loro che questo è il suo lavoro. Il fatto più importante è che loro sappiano che Mike le adora e che tornerà. Da quando è tornato... bé la sensazione è che non sia mai partito.

Durante l’assenza di Mike non sono state molte le occasioni in cui vi siete visti. C'è stato un momento in cui ti sei detta: "non riesco più a gestire questa situazione"?
Effettivamente ci sono stati dei momenti stressanti. Durante tutto il periodo ho continuato a lavorare a tempo pieno nonostante le figlie e il progetto di Mike con "Latitude 0" ed in certi momenti c'era veramente molto, molto lavoro. Ma riflettendoci ora, è proprio questo che mi ha aiutato a superare l'assenza di Mike.

Il 'mestiere' di tuo marito comporta anche dei rischi, tu come lo vivi?
Mike mi ha sempre detto: parto per ritornare. Bisogna rimanere sempre positivi. Certo, ci sono stati dei momenti in cui non potevamo comunicare, attimi in cui ti chiedi cosa stia succedendo... e allora inevitabilmente vivi dei momenti di tensione. Rimango comunque dell’idea che bisogna sempre rimanere 'positivi'.


IL VIAGGIO - L’avventura di “Latitude zero” in sei tappe:
1a tappa: il fascino del vento e del mare.
Traversata dell’Atlantico in barca a vela, dal Gabon al Brasile. 3.617 miglia nautiche. 20 giorni di navigazione, dal 2 al 21 giugno ’99. Un ottimo inizio è di buon auspicio per l’andamento dell’intera impresa!
"I primi giorni sulla mia piccola barca sono stati molto duri, tentavo di fare 50 cose insieme. Non va bene così – mi sono detto - fai una cosa per volta e quando la fai, falla bene.“

2a tappa: un terreno conosciuto.
A piedi attraverso l’America del Sud, dal Brasile all’Ecuador passando per la Colombia. 3.300 km. In 5 mesi, dal 27 Giugno al 30 Novembre ’99, Mike attraversa per la seconda volta nella sua vita la foresta Amazzonica! “Uno degli incontri più toccanti di questi 6 mesi è stato con un indios pescatore che, quando ha saputo che avrei dormito nella giungla, ha voluto a tutti i costi ospitarmi in casa sua. Il giorno dopo, quando sono partito, mi ha regalo una ‘lacrima di luna’, una bacca a forma di lacrima. Per loro è la Luna che, piangendo perché deve lasciar il posto al giorno, ha dato vita e alimenta le riviere. Per loro le riviere sono fonte di vita perché possono pescare e navigarle per commercio. Quindi, con la ‘lacrima di luna’, l’indios mi ha voluto dare una fonte di vita per il mio viaggio. La porterò legata al collo fino alla fine dell’impresa! Comunque, sinceramente, non rifarei l’Amazzonia per niente al mondo!”

3a tappa: 9.125 miglia di Oceano
La traversata del Pacifico in barca a vela dall’Ecuador in direzione Borneo, passando per le Galapagos. In mare dal 13 dicembre ’99, Mike ha portato a termine questa traversata in 79 giorni di navigazione. “Ieri 12 delfini sono passati vicinissimi alla mia barca e mi hanno ‘salutato’ saltando fuori dall’acqua! Vedendoli ho pensato subito alla cosa che in questo momento ci accomuna: la libertà più assoluta! Per me sono un segnale positivo, di ‘approvazione’ da parte dello stesso Oceano."

4a tappa: di nuovo la Terra ferma
Navigazione a vela tra le Isole Indonesiane - a piedi attraverso il Borneo e Sumatra. 900 Km in 2 mesi.
Il 29 febbraio Mike supera Halmahera, la prima isola dell’arcipelago Indonesiano posta sull’Equatore. Il 22 marzo tocca le coste del Borneo. In un’alternanza di terra e mare, tra atolli incontaminati, la foresta del Borneo e le risaie di Sumatra, Mike conclude questa tappa l’8 maggio, dopo 68 giorni. “L’incontro con i Dayak del Borneo é stato tra i più ‘pittoreschi’ di questa quarta tappa. Dopo tanti giorni che dormivo sotto la pioggia, una famiglia di dayak mi ospita, mi offrono del cibo e, giunta la sera, mi invitano a dormire al coperto nella loro abitazione! Non mi sembra vero di dormire al coperto e all’asciutto !"

5a tappa: l’acqua a 27°C
Traversata dell’0ceano Indiano in barca a vela da Sumatra fino in Somalia, passando per le Maldive: 3.400 miglia nautiche in poco più di 1 mese.
Il 19 maggio Mike si rimette in mare in rotta per il Kenia. Le condizioni politico sociali della Somalia non permettono infatti un attraversamento sicuro del territorio somalo. Il 25 giugno, Mike approda a Lamu (Kenia), da dove inizierà l’ultima tappa del suo giro del mondo. “Vi siete mai chiesti cosa si prova ad essere dentro un frullatore? E’ quello che ho provato io qualche giorno fa, quando sono stato due giorni chiuso nella cabina di Latitude 0° in balia della tempesta che ha colpito la parte dell’Oceano che stavo attraversando. Sono venuto fuori ‘shakerato’ come una pina colada ! Non riuscivo a controllare la barca e, pensando che fosse una burrasca passeggera, sono rimasto sempre attaccato al timone con le onde che mi colpivano da dietro. Ma mi sbagliavo ! Vento e pioggia aumentavano e le vele mi creavano dei grossi problemi, incrociandosi e aprendosi a loro piacimento ! L’unica soluzione era ammainare tutte le vele e rintanarmi in cabina, aspettando che la tempesta passasse il più rapidamente possibile. ”

6a tappa: attraverso le contrade selvagge
L’Africa da est a ovest a piedi, dalla Somalia al Gabon: in mountain bike attraverso l’Africa Centrale (Kenia, Uganda, Zaire, Congo) fino in Gabon, punto di partenze dell’impresa: 3.700 Km in 5 mesi (circa). Partito da Lamu (Kenya) il 29 giugno, Mike ha raggiunto Libreville in Gabon il 27 ottobre, dopo 4 mesi in cui ha attraversato una delle zone più instabili della terra. “In Congo sono stato in prigione militare per più di un giorno. A loro avviso i miei permessi non erano validi. Poi è intervenuta la polizia civile e tutto si è messo a posto. Sono stato costretto spesso a nascondermi nella giungla, aspettando che passassero i guerriglieri in rivolta e gli eserciti nazionali. Sono stato più volte minacciato con pistole e fucili da bianchi e da neri.”


MIKE HORN - il profilo
Mike Horn è nato il 16 luglio 1966 a Johannesburg in Sudafrica.
Attività
1991 e 1992 Perú. Discesa in parapendìo dalla cima del ghiacciaio Huascaran (6768 m) e discesa in rafting da alcuni grossi torrenti della zona.
1994 Diventa membro del NO LIMITS® Team come esperto di hydrospeed. Tra le cascate da lui affrontate con questa tecnica ce n'è una alta 15 m che Mike supera raggiungendo con il suo hydrospeed la velocità di 100-120 km/h.
1995 Con il sostegno di SECTOR e NO LIMITS®, è protagonista di una spettacolare spedizione di hydrospeed nel Colca Canyon, in Perú, uno dei più profondi canyon della Terra. 1a discesa in hydrospeed del fiume Pacuare, in Costarica, riuscendo a superare una cascata alta 22 metri. Una 'prima' nella 'prima', visto che mai nessuno ha affrontato un salto simile con questa tecnica.
1997 - 1998 Attraversa l'America meridionale da costa a costa percorrendo a piedi circa 600 km e i restanti 7.000 in hydrospeed e canoa lungo il Rio delle Amazzoni. Partito dalla costa peruviana il 10 agosto '97 riesce ad arrivare alla foce del Rio delle Amazzoni il 28 gennaio '98. Per la sua impresa in Amazzonia, Mike ha ricevuto riconoscimenti internazionali tra cui il Premio come ‘Avventuriero dell’anno’ in Sud Africa. In Italia, nell’ambito del Premio ‘Fausto Coppi e Girardengo’ ha ricevuto il riconoscimento Patrick De Gayardon per le imprese Estreme e il Premio ‘La Torretta’ sempre per le imprese estreme.

Curiosità
Mike vive già da alcuni anni nei pressi di Chateau d'Oex, in Svizzera. Sposato con Cathy, ha due figlie rispettivamente di 5 e 3 anni: Annika e Jessica. Nel 1989 consegue la laurea in educazione fisica presso l'Università di Stellenbosch, ottiene i diplomi in soccorso marino, speleologia, torrentismo, arrampicata e orienteering, e comincia a dedicarsi all'hydrospeed. Alle dipendenze del Mountain Club South Africa e del settore attività ricreative della Provincia di Città del Capo svolge l'attività di istruttore nelle discipline sopraelencate e in più esplora ed attrezza nuovi percorsi fluviali in vista di attività turistiche nell'area. Dopo il 1989 si divide fra Sudafrica ed Europa lavorando come guida fluviale e istruttore di diverse discipline. In Svizzera dal 1993 svolge l'attività di maestro di sci, tiene dei corsi di formazione per guide di torrentismo e pratica hydrospeed scendendo da alcune delle più impegnative cascate delle Alpi occidentali.
Note:
'LATITUDE ZERO' in cifre
7.900 km a piedi/in mountain bike
16.142 miglia nautiche in mare in barca a vela
preparazione: 1 anno
durata viaggio: 17 mesi
peso dello zaino: da 38 a 42 kg

Mike ha attraversato:
3 continenti: America del Sud, Asia e Africa
3 oceani: Atlantico, Pacifico e Indiano
10 paesi: Gabon, Brasile, Colombia, Ecuador, Indonesia, Somalia, Kenya, Uganda, Zaire e Congo.
24 fusi orari
3 diversi tipi di clima: pluviale (Brasile, Borneo, Sumatra, Congo, gli Oceani), desertico (montagne ecuadoregne, Somalia), savana (Kenya, Uganda).


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