K2 un sogno diventato realtà

Intervista ad Abele Blanc e Marco Camandona le guide valdostane che il 29 luglio hanno raggiunto la vetta del K2.
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Sopra: uno dei simboli dell'alpinismo: il K2 visto dal Ghiacciaio di Concordia, Himalaya del Pakistan. Sotto: Abele Blanc e Marco Camandona in vetta al K2
Camandona & Blanc
L'estate del 2000, dal punto di vista meteorologico, è stata una delle più difficili per gli alpinisti impegnati in Karakorum. Il 27 luglio le Guide Alpine valdostane Abele Blanc e Marco Camandona, sfruttando un piccolissimo spiraglio di tempo accettabile, partono per un ultimo tentativo agli 8611 metri del K2, la seconda montagna della terra.

Il 29 luglio sono già in vetta, utilizzando solo due campi intermedi. Dopo di loro sulla cima giunge anche il brasiliano Waldemar Niclevicz, il terzo componente della piccola spedizione. Hanno dato tutto, superando le difficili condizioni della montagna e lottando specialmente nella parte finale della salita, sul famoso 'Collo di bottiglia'.

Poi è arrivato il momento della discesa: difficilissima, al buio, al limite. Una situazione che ha imposto delle scelte difficili. Le scelte dell'alta quota.

Il 29 luglio 2000 siete arrivati in vetta al K2, ma torniamo un po' indietro a quando vi siete conosciuti...
Marco - Abele.
Ci siamo conosciuti nel 1994 in occasione di un corso per Aspirante Guida Alpina. L'intesa è stata immediata. E' stato un reciproco incontrarsi acceso da una scintilla e da una passione che ci unisce ancora: la montagna vissuta come limite fisico e mentale.
Marco. Da parte mia c'era inoltre il rispetto per la grande esperienza di Abele, mio istruttore al corso. C'era la voglia d'imparare e crescere. Tutto questo, insieme alla curiosità e alla voglia di misurarmi con l'altitudine, ha rappresentato il punto di partenza del nostro rapporto.

Poi le prime esperienze insieme in Himalaya...
Marco.
La prima volta è stata nel 1996, con il tentativo al Manaslu (8163m.), conclusosi per Abele con un'altra vetta e per me a 7800 metri, a causa di una bufera di vento e neve. Quest'esperienza anziché demotivarmi non fece altro che stimolare ed accrescere il mio desiderio di riprovare.
Abele. Così, nel 1998, siamo ripartiti con l'obiettivo di raggiungere due vette sopra gli ottomila: lo Shi Sha Pangma (8027m.) e il Cho Oyu (8210m.). E con il favore del tempo e tanti sacrifici l'obiettivo è stato realizzato, in soli nove giorni.

Com'è nata l'idea del K2
Marco.
Dopo l'insuccesso del suo primo tentativo al K2, nel 1998, Abele voleva riprovare. Per me era un'occasione unica, non potevo farmela sfuggire. Ero consapevole delle nostre forze, della determinazione che ci accomunava, ed avevo la certezza che se c'era una possibilità di riuscita dovevamo coglierla ad ogni costo.

Qual è la motivazione che vi fa (sempre) ritornare in Himalaya e sugli 8000
Marco.
Provarsi attraverso l'alta quota. La mancanza di ossigeno, la reazione del mio fisico sottoposto a sforzi intensi ed il mio limite mentale in situazioni estreme, sono le principali motivazioni che mi riportano sempre in quei magici luoghi. Riuscire a capire e percepire il limite... Senza oltrepassarlo!

Siete saliti lungo lo Sperone degli Abruzzi, la via seguita dalla spedizione italiana che nel 1954 per prima ha raggiunto la vetta. Quali sono le caratteristiche tecniche della via e come si è svolta la vostra salita?
Abele.
Lo Sperone degli Abruzzi non è la sola via che porta alla vetta del K2, ma è sicuramente la più sicura, ed è proprio questa caratteristica che ci ha spinto a scegliere questa via essendo comunque la “via normale” più difficile di tutti gli ottomila. Il percorso si snodo in prevalenza su cresta.

Si inizia con uno scivolo di neve fino al campo 1 a 6100mt. Poi ancora 500m di misto con passi di 3 – 4 grado per arrivare al campo 2 a 6600m. Appena sopra questo campo c’è il 'Camino Bill', uno dei passi più difficili, con tratti di 5 ° su roccia e punti di misto e ghiaccio. Dopo s'incontra la 'Piramide nera', 3-4 grado fino a quota 7400 dove finisce la parte su roccia. Da questo punto in su la via è in prevalenza su neve o ghiaccio. Ancora 600m di dislivello e si arriva sulla spalla, a 8000m, dove viene piazzato l’ultimo campo.

Poche ore di riposo per poi partire all’assalto degli ultimi 611m. Il primo tratto è su neve dura ventata. All’imbocco del passaggio chiamato “Collo di bottiglia” la neve inizia ad essere soffice e alta, siamo a quota 8200 mt, sopra di noi il seracco pensile di 100m. Si continua traversando verso sinistra su un pendio a 50°-55°, con la neve profonda quasi alla pancia.

Ancora neve per finire con una placca di ghiaccio, un crepaccio coperto dalle abbondanti nevicate e poi la via diventa un po’ più agevole, siamo a 100 mt. dalla cima. Negli ultimi 50 metri la neve é di nuovo alta, fino a che non si arriva sulla cresta che porta alla cima. Dalla parte opposta ci si affaccia sui 3500 metri di vuoto del versante cinese. Ancora 20 metri quasi in piano e raggiungiamo la vetta del K2, il nostro grande sogno.

La seconda montagna della Terra, la montagna degli italiani, la più bella e la più difficile... com'è il vostro K2?
Marco.
Il K2... Un sogno diventato realtà. Realtà fatta di una partenza piena di paura nei confronti di un gigante sconosciuto. Paura che si faceva sempre più viva a mano a mano che mi avvicinavo al campo base. Paura che poi ho sentito scomparire lentamente: conoscere, toccare e vedere rende forti e sicuri. Ho visto il K2, ho iniziato a toccarne le rocce ed il ghiaccio, e il gigante è diventato qualcosa di famigliare, affascinante, da 'salire'. Lo volevo intensamente, conoscevo le mie forze, sapevo che con Abele potevo farcela.

"Conoscevo le mie forze", non è una frase buttata lì per caso. Alle mie spalle c'erano anni di preparazione fisica e mentale per quel momento così importante. Giorni e giorni di allenamenti specifici in montagna, su ghiaccio e misto, sugli sci. Ore passate a correre. Tutto per un solo appuntamento: la salita più importante della mia vita, la più ambiziosa e pericolosa. Tutto per un sogno chiamato K2...

Il 27 luglio, prendendo al volo un miglioramento delle condizioni meteorologiche, siete partiti per il tentativo decisivo... in che condizioni era la montagna e qual'è stato il momento più difficile?
Abele - Marco.
Dopo interminabili giorni di brutto tempo, passati al campo base, si è affacciata l'opportunità di fare un tentativo con un meteo favorevole.

Il nostro calvario è iniziato alle 4.30 del 29 luglio 2000 a quota 8300m quando, neve alla pancia, su pendii ghiacciati con pendenze di 50°, soli, slegati, ma uniti con lo sguardo, abbiamo dovuto lottare con tutte le nostre forze, fisiche e mentali, per raggiungere il grande ed insperato obiettivo K2.

Quegli attimi sono stati vinti soprattutto grazie al nostro affiatamento. Un legame profondo, fatto di un capirsi senza parlarsi, risultato di giornate e mesi vissuti insieme in condizioni estreme ed allietati solamente dalla gran passione che ci accomuna: la montagna...

Siete arrivati in vetta alle 18,15, qual è stato il primo pensiero?
Marco.
Senza soffermarmi sui particolari tecnici, vorrei esprimere le nostre sofferenze, i timori e le pene di quei momenti drammatici. La vetta è stata intensamente voluta, con lo spirito e con il corpo. A denti stretti abbiamo lottato fino a raggiungere la nostra meta.
E l'arrivo in vetta è stato un momento entusiasmante, anche se la stanchezza e la mancanza d'ossigeno mi avevano offuscato la lucidità. In effetti, di quei momenti e degli attimi che li hanno preceduti ho solamente dei flash. Ricordi slegati, non un'immagine continua.

Poi la discesa, durissima...
Marco.
Io ho iniziato quasi subito a scendere. Mentre Abele, che era ancora in buone condizioni fisiche, decise di aspettare sulla cima l'arrivo del nostro compagno Waldemar Niclevicz, non al meglio delle forze. Lo aspettò più di 30 minuti. Poi anche per loro ha avuto inizio l'interminabile e difficile discesa, su pendii ripidi e a tratti ghiacciati, con doppie da fare a notte fonda.

L'errore inspiegabile, mio e di Waldemar, è stato quello di abbandonare a quota 8100m, durante la salita, le nostre lampade. Ma se io avevo potuto percorrere il tratto più difficile della discesa con le ultime luci del giorno, i miei compagni, invece, furono costretti ad affrontarlo a notte fonda, in condizioni proibitive. Ad un certo punto Waldemar, per motivi tecnici, non riusciva più ad avanzare, e Abele, dopo diversi tentativi di aiutarlo in quelle condizioni estreme di sopravvivenza, prese la difficile decisione di proseguire...

Duecento metri più sotto, superate le grandi difficoltà, c'ero io, al buio, senza luce, obbligato ad attendere i miei compagni (e la luce della lampada, che solo Abele aveva) per continuare la discesa. Così Abele, preoccupato per le mie condizioni, mi raggiunge e, senza indecisioni, mi dà nuova forza per continuare verso il campo ad 8000 m.

Alle tre del mattino arriviamo al sospirato campo. Siamo esausti e il nostro costante e tormentoso pensiero è per Waldemar. Poi, verso le nove, il nostro compagno fa capolino nella tenda. Incredulità! Immensa felicità! Una tazza di tè, e ripartiamo per la base.

La cosa più bella di quest'esperienza e il momento più bello...
Marco.
La cosa più bella, senz'altro il nostro sogno diventato realtà: la cima del K2. Il momento più bello... l'arrivo al campo base. Superate le difficoltà, con la mente libera, tutti vivi! solo in quell'istante siamo riusciti davvero a capacitarci ed a godere della nostra impresa.

Sulla vostra strada ci saranno altre montagne, altri 8000, con che spirito le affronterete
Abele.
dopo aver raggiunto l'undicesimo ottomila, la mente è già lontana verso le ultime tre vette che mi restano per realizzare il sogno che ha occupato una parte importante della mia vita e sacrificato tempo ed attenzione alla mia famiglia.
Marco. Nell'immediato futuro non ho programmi. Solo nel momento in cui mi sentirò pronto per affrontare un'altra impresa, partirò. E sarà verso l'Everest, ovviamente senza ossigeno.

Si dice che non c'è più evoluzione nell'alpinismo d'alta quota...
Marco.
Voglio citare solo due esempi recenti, che ci riguardano: Abele ha salito il Makalu (8463m) con un campo solo, ed il K2 (8611m) è stato raggiunto con soli due campi. Questo per sottolineare che la preparazione fisica, mentale e l'esperienza accumulata stanno formando alpinisti, con un livello tecnico molto alto, in grado di dare all'alpinismo future nuove prospettive e visioni.


ABELE BLANC
Nato ad Aosta (2/09/54) è Guida Alpina, Maestro di sci nordico, Istr. Naz. di sci alpinismo, Istr. nazionale Guide Alpine e Istr. regionale di soccorso alpino. Ha praticato lo sci da fondo agonistico con risultati che gli hanno fatto raggiungere la soglia della squadra nazionale. Interessante anche il suo curriculum di vittorie anche in campo nazionale nelle gare di sci alpinismo con due partecipazioni al Trofeo Mezzalama, allora valevole come campionato mondiale di sci alpinismo, con un secondo posto nella categoria ‘Guide Alpine’. Vanta un’ intensa attività nelle gare di corsa in di montagna con gare vinte anche a livello nazionale, e il record di salita e discesa dalla vetta del Grand Paradiso in 2 h 28' 25''. Ha al suo attivo un’intensa attività sulle Alpi ed extraeuropea, con 11 ottomila saliti.

Salite alpinistiche più significative:
Solitarie:
parete nord del Cervino via Smitd - Monte Bianco via della sentinella rossa sul versante della Brenva - Grivola parete nord ovest e parete nord est - Gran Paradiso parete nord - Ciarfaron parete nord - Mon Ciair parete nod - Lyskam parete nord - Mont Blanc Du Tacul couloir Gervasuti

Prime Invernali:
Traversata dalla Grivola al Grand Paradiso - Monte Emilius parete est via Gervasuti - Torre Di St. Orso via nuova di roccia 500 MT 6° grado - Grivola parete nord est, prima solitaria invernale

Sci Ripido:
Discesa delle pareti nord del Grand Paradiso, Ciarfaron, Mont Ciair e della parete nord ovest della Frivola.

Salite più significative con clienti ed amici:
M.te Bianco: Pilone Centrale; Pilastro rosso di Brouillard; Cresta Innominata; Cresta Integrale di Peuterey; Sperone della Brenva; Aiguille Noire de Peuterey cresta sud; Grandes Jorasses cresta des Hirondelles, Mont Blanc du Tacul cresta delle Aiguilles du Diable, Grand Capucin via Bonatti e via degli Svizzeri; Grandes Jorasses cresta di Tronchey.

Spedizioni:
Stati Uniti: El Capitan via Salathe;
Argentina: Aconcagua (5997m) via normale in solitaria; Africa: Kilimangiaro, M.te Kenya, Ruvenzori.
India: Nun Kun (7135m).

Ottomila
Pakistan: Broad Peak (8047m), Gasherbrum (8035m). Hidden Peak (8068m); K2 (8611m).
Nepal: Everest (8846m), Kanchenjonga (8597m), Manaslu (8125m), Lhotse (8501m), Cho Oyu (8198m) - Shisha Pangma (8013m), Makalu (8463m).


MARCO CAMANDONA - (nato ad Aosta il 20/12/1970)
Maestro di Sci Alpino dal 1989, Guida Alpina dal 1996. Rappresentante della Società Guide Alpine di Valgrisenche (Valle d’Aosta) e portacolori valdostano in tutta Europa nella disciplina dello sci alpinismo.

Ottomila
Prima esperienza d’alta quota nel 1996 sulla catena Himalayana (Nepal) al Manaslu 8163 mt., nel 1998 riesce nella salita di due ottomila in soli nove giorni l’uno dall’altro, lo Shi Sha Pangma (8013m) e il Cho Oyu (8210m) (Cina ,Nepal).

Protagonista con il suo compagno la g.a. Abele Blanc della prima salita Valdostana al K2 8611mt. il 29 luglio 2000. (massiccio del Karakoram -Pakistan)

Risultati più significativi dell’anno 1999-2000 scialpinismo:
Trofeo Mezzalama 1997, 7° assoluti
“ 1999 8° assoluti
4° ass. coppa Italia 1999-2000
9° ass. campionato italiano individuale 2000
13°ass. Pierra menta Francia 2000

Attività Apinistica più significativa:
Integrale Peterey (M.te Bianco)
Sperone della Brenva al Monte Bianco
Cresta Hirondelles - Grandes Jorasses
Cresta Innominata al Bianco
Numerose vie su roccia e ghiaccio ai Satelliti dal Bianco
Grande attività in questi ultimi anni su cascate
Note: Il K2, nell'Himalaya del Karakorum - a confine tra Pakistan e Cina con i suoi 8611 metri d'altezza è la seconda montagna più alta della terra.

I primi salitori sono stati gli italiani Lino Lacedelli e Achille Compagnoni il 31 luglio 1954 (spedizione italiana - capo spedizione Ardito Desio).

News Abele Blanc
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