Raffaella Cottalorda: saluti e riflessioni da Parigi

Pensieri e domande sull'arrampicata e la natura di una climber...
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Camera con vista 1
Raffaella Cottalorda
Raffaella Cottalorda - probabilmente molti di voi la conosceranno come appassionata climber-boulderista ma anche come atleta che ha partecipato a molte competizioni - da Parigi (e da Fontainebleau), dove si è trasferita per lavoro, ci ha scritto una lunga lettera-articolo sull'arrampicata e sull'etica dell'arrampicata. Meglio, ci ha scritto del rapporto tra gli arrampicatori e la natura, e di molte altre cose: della città, del lavoro, del consumismo, del nostro tempo... Insomma, si domanda, e ci domanda, Raffaella qual è, in questo nostro tempo così fatto, il senso dell'arrampicata.
Raffaella si pone e ci pone delle domande, e a noi sembra sia utile rifletterci almeno da arrampicatori...


PENSIERI VOLANTI TRA FRANCIA E ITALIA
di Raffaella Cottalorda

Mille momenti di riflessione: abitare soli vuol dire riflettere ogni momento, ogni giorno, spesso, molto spesso, ma sovente vuol dire anche non avere il tempo di riposare, c'è sempre qualcosa da fare, cucinare, pulire, fare la spesa, seguire l'orto (?), stirare, lavare, insomma, dopo lavoro bisogna ben sbrigare due o tre faccende per sopravvivere, beh, si perché il lavoro, a meno che non sia coltivare la terra, come fa il contadino, non ci dà la possibilità di sopravvivere, purtroppo ci da solo soldi e questo ci lega a loro... troppo in questi tempi moderni; purtroppo i soldi servono, diciamo sono quasi indispensabili soprattutto se si vive in città, per non parlare poi di una città come Parigi, maledizione!

La gente può fare un viaggio, la spesa, mangiare, abitare solo se ha soldi, i soldi purtroppo aiutano a fare una vita più tranquilla, senza troppi stenti... eh si, ciò accade perché siamo nella società del consumismo, dove se non si compra si è frustrati e così si compra anche e soprattutto il superfluo, poi qua a Parigi è ancor peggio perché il prodotto, qualsiasi esso sia, viene presentato in una maniera tale che anche se non ne si ha bisogno si è indotti a comprarlo.... e alla fine si compra!

Ogni cosa sta andando verso la privatizzazione e così tutto ha un costo, niente più baratti, niente più servizi gratuiti, qui tutto è a pagamento, tutto si paga, tutto è una tassa, i francesi sembra non se ne accorgano, i turisti sono troppo frastornati dall'essere nella "ville Lumière" per capire quanto chiunque cerchi di "fregarli"; forse i Parigini/francesi dovrebbero dare un'occhiata ad altre città europee per capire in che città/stato vivono.....?!

Ma che fare per combattere questa manipolazione psicologica che induce al consumismo? Scappare e andare a vivere in montagna? A Erto? Oppure odiare il consumismo e quindi vestirsi sempre uguale e comprare solo l'indispensabile, odiando tutte le cose che d'impatto non piacciono? Veramente difficile odiare i vestiti o fare la spesa, specialmente per una donna! Si, lo ammetto, anche per me è difficile, ma perché viviamo in una società che ti porta a questo: a spendere, comprare, anche e soprattutto, il superfluo!

Beh, andare a vivere a Erto per me è stata un buon mezzo di purificazione e un modo per osservare dal di fuori la situazione generale e per vedere che si vive lo stesso bene senza comprare, anzi si vive meglio ad essere contenti per una bella passeggiata sui monti, per il sole, per gli alberi, per il rumore della pioggia e il silenzio della neve, per poter ascoltare gli altri con più tranquillità, per avere il tempo di riflettere e respirare quell'aria che solo la natura ti può dare, quell'aria che respiri a pieni polmoni, senza aver paura di incappare in odori tossici o spiacevoli, odori di sporco, di chimico, di città, odore di persone costruite, odore di scarichi di vetture, odore di metrò, odore di povera gente che si ostina a vivere nella strada e chiedere soldi al prossimo, gente che sta lì e non reagisce, rimane passiva alla città!

Insomma, maledetta città, maledetto inquinamento, maledetta fretta... Io l'unico momento di tranquillità vera, in questa vita parigina, lo vivo nella foresta, dove è tanta la pace che quasi è bello stare lì e recuperare solo le energie, bello andare a scalare, bella Fontainebleau, ma io come arrampicatrice, e come persona soprattutto, non la mitizzo troppo....

Insomma l'arrampicatore/boulderista italiano in genere arriva e passa da Bas Cuvier come primo settore, per poi andare al Cul de Chien e a Cuisinière, ma se Bas Cuvier per molti è la bella e storica Bleau, o per lo meno la più conosciuta. Per me quello che si vede qui è veramente la rappresentazione di quanto la gente sia ignorante e "caprona". Beh, a Bas Cuvier i "caproni" che lasciano "rumenta" in giro sono tanti e di ogni tipo, ne sono un esempio i "pic-nicchero": non riesco a comprendere queste persone che vengono nella foresta per passare del tempo nella natura, - Immagino che la apprezzino se usano il loro tempo libero per stare con lei?! - ma a fine giornata.... pare che l'apprezzamento finisca là dove il cartello dice "resèrve biologique" e dove immancabilmente compare una montagna di sacchetti d'immondizia.

Insomma, si usufruisce della natura finché si sta lì, e dopo? Non capisco se le persone hanno fiducia nella nettezza urbana francese o se veramente pensano che tutta quella montagna di rifiuti verrà smaltita dalla natura stessa??? Forse semplicemente: «they don't care»? Pensavo che i francesi fossero avanti riguardo a educazione e tutela ambientale, ma, a quanto pare, mi sbagliavo!

Tornando a noi, al mio e nostro ambiente, alla natura, ai blocchi, alla foresta, all'arrampicata: ponetevi delle domande: Perché arrampico? Mi piace la natura, il verde, la roccia, il movimento, l'espressione del mio corpo, l'espressione di me stesso attraverso il movimento arrampicatorio, la forza che mi da nella vita di tutti i giorni? Arrampico perché mi piace stare con gli arrampicatori, Sono una bella razza!

Beh, in effetti pensavo questo quando ho iniziato a scalare, pensavo, come molti illusi alle prime armi, che gli arrampicatori fossero gente particolare, uniti da una sola passione, ma per me questa passione è prima di tutto derivante dal contatto con la natura. Poi il resto: arrampico perché amo la montagna e la natura ed ho trovato uno sport/attività che mi fa vivere più intimamente con lei, uno sport che rivela me stessa, mi dà la possibilità di esprimermi, mi dà la possibilità di viaggiare e di conoscere gente diversa, proveniente da tutto il mondo, bello!

Quindi prima di tutto sta il fatto che è bello perché è a contatto con la natura. Io amo la natura e rimango delusa e disgustata dall'arrampicatore moderno, forse figlio del pannello, che non ha rispetto per lei, mette i mozziconi di sigaretta nei buchi delle vie o più facilmente in terra, lascia pezzi di plastica (anche piccoli) alla base della falesia, non si preoccupa se gli cade qualcosa in terra lo lascia lì, che sia biodegradabile o no, e se ha dimenticato il sacco dell'immondizia alla base della falesia, poco importa.... (he doesn't care): insomma amare vuol dire rispettare, questo non è rispetto!!

Oppure è forse ignoranza? Maleducazione? Non mi dite che nell'anno 2007 esiste ancora qualcuno che non sa che il mozzicone di sigaretta è inquinante?!! Oppure non sapete ancora che ogni piccolo oggetto di plastica, vetro, etc. ci mette anni ad essere assimilato dall'ambiente, che comunque viene inquinato, danneggiato e così la natura spreca energia per smaltire il rifiuto, frutto del nostro errore, e non per generare un bel fiore!

Rimane il fatto che comunque un rifiuto nuoce all'occhio di chiunque. Nastro e carta igienica? Non dico di portare a casa la carta igienica, ma seppellirla! Il nastro poi come è arrivato da casa, così ci può tornare... Semplici accorgimenti, chi non li segue non può pensare di amare la natura, nè di essere civile! Arrampicatori, almeno voi svegliatevi, se pensate di amare la natura cercate di rispettarla e se così non fosse domandatevi perché scalate. Forse per voi fare arrampicata o della "gym" è la stessa cosa? Beh, se così fosse... cambiate sport!!

Insomma, esisterà in voi un'etica... L'arrampicata per voi è una malattia o un qualcosa di speciale che vi rende vivi e pieni di emozioni?

Saluti e riflessioni da Parigi
Raffaella Cottalorda

Note:
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