Intervista a Nives Meroi dall’Everest

21/05 Intervista a Nives Meroi dal Campo base avanzato dell’Everest dopo la salita in vetta del suo 10° Ottomila.
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L'Everest dal Campo Base Nord (Tibet)
Francesco Tremolada

Everest campo base avanzato. Il contatto con Nives Meroi che, con il marito e “compagno di tutto” Romano Benet, il 17 maggio (vedi news) ha raggiunto la vetta del tetto del mondo è un classico. Un deja-vu di questi tempi-moderni applicati all’himalaysmo.

Dall’altro capo il satellitare sembra restituire l’aria sottile delle vette. E quei tempi dilatati all’infinito del faticoso respirare in alta quota. La voce si perde, il respiro cerca l’aria che non c’è, eppure è Nives che per prima mi domanda come sto, e se va tutto bene. Ormai ci sono abituato: lei è così…

Nonostante i suoi personali Ottomila siano diventati 10 non è cambiato nulla. Lei è sempre Nives: una sorta di Mary Poppins degli 8000 che, se anche sa addolcire la pillola con un poco di zucchero, ti parla del pazzo mondo degli Ottomila con tutta la sincerità da strong-women qual è.


Nives, come stai?
Bene, siamo ancora al Campo base avanzato ma stiamo preparando tutto per scendere, pensiamo di andar giù mercoledì… (23 maggio ndr).

L’Everest si è dimostrato un osso duro…
Sì, sai senza ossigeno sembra sia tutto un altro paio di maniche… Noi l’abbiamo fatto come il nostro solito: appunto senza ossigeno, senza preparare i campi alti e senza portatori d’alta quota. Del resto così siamo sempre stati abituati e così vogliamo salire. E’ vero che all’Everest non ci sono grosse difficoltà tecniche, quest’anno poi anche qui da Nord la montagna è stata attrezzata dalle spedizioni commerciali come sul versante sud. Ma in ogni caso, si sentono quei 240m in più rispetto al K2. Poi c’era un freddo bestiale: l’abbiamo proprio patito… anche perché se vai su senza bombole il freddo lo senti ancora di più. D’altra parte poi, lassù spira l’aria dei 9000m…

A proposito di freddo, in discesa dalla vetta eri preoccupata per i congelamenti…
Per fortuna non è nulla di serio: il gelo ha intaccato giusto la puntina di un dito della mano. Avevo paura anche per il mio naso così “prospiciente”, invece si è solo un po’ spellato.

Puoi fare paragoni tra il K2 dello scorso anno è questo Everest?
Beh, là sul K2 c’eravamo solo io e Romano e avevamo tutta la montagna per noi. Invece qui all’Everest, come dice Romano, non c’è proprio posto per gli alpinisti.

Cosa intendi?
Voglio dire che non c’è proprio spazio in senso fisico per gli alpinisti. Le grosse spedizioni commerciali preparano tutto in anticipo, attrezzando la via, occupando i campi di alta quota. Così quando arrivano piccoli gruppi di 2 o 4 alpinisti come il nostro non c’è più uno spazio disponibile… Noi siamo stati costretti a fare delle “occupazioni abusive”, anzi delle occupazioni pagate visto che avevamo anche noi versato la nostra quota per il permesso di salita.

Proprio il giorno della vostra vetta, il 17 maggio, ci sono stati dei problemi per alcuni alpinisti della spedizione bergamasca. So che in molti vi siete dati da fare per dare il vostro appoggio alle ricerche. Ma ancora in queste ore non si hanno notizie di Pierangelo Maurizio…
Purtroppo ci sono stati dei problemi… e noi, come altri, abbiamo cercato di dare per quanto possibile il nostro appoggio, anche logistico. Per portare soccorso in una montagna come questa occorrono mezzi, bisogna essere riposati, occorrono bombole di ossigeno. E devo dire che le Spedizioni commerciali guidate da Russell Brice e Kari Kobler sono state fantastiche, offrendo una disponibilità di mezzi e uomini davvero totale, incondizionata e gratuita. Meritano davvero un grande ringraziamento!

Avete avuto altri contrattempi, oltre al freddo, durante la salita?
No è andato tutto liscio, a parte una notte in più passata a 8100m, il nostro Campo 2: volevamo partire subito ma una nevicata notturna ci ha costretti a rimandare la partenza, appunto alla notte successiva…

Poi è arrivata la cima, come l’hai vissuta?
Bene come tutte le altre. Certo sull’Everest senti tutta la storia che sta intorno a questa montagna, soprattutto qui sul versante nord da dove tutto è iniziato. E poi l’Everest è davvero una montagna bellissima. In cima, sei talmente alto che potresti trovarti muso a muso con un aereo di linea che ha sbagliato rotta. E’ strano e bello l’Everest. Siamo rimasti in cima una ventina di minuti; pensa hanno costruito un piccolo altare dove hanno messo una piccola statua di buddha protetta da un vetro… Devo dire che a me non viene mai qualcosa di particolarmente elevato quando sono cima. Mi ci vogliono un po’ di giorni per distillare le emozioni…

Tutto bene dunque…
Sì, a parte che ho perso la macchina fotografica, ovviamente con le foto di vetta! L’avevo appoggiata sopra un sasso, a 7700m, insieme alla pila frontale, e mi sono allontanata un attimo - anche all’Everest ci sono certi bisogni che non si possono rimandare… poi sono partita alla “carlona” dimenticandomi macchina e pila là. Pensa una massaia così precisa e meticolosa come me che perde la macchina fotografica… non mi va proprio giù. Per fortuna Romano ha filmato tutto della vetta…

A proposito di foto di vetta, su alcuni siti è stato scritto che la vostra salita sullo Shisha Pangma è in dubbio. Siete arrivati sulla vetta principale dello Shisha?
Madonna se ci siamo andati in cima allo Shisha! Non abbiamo il minimo dubbio, anche se nelle foto siamo immersi nella nebbia. Abbiamo confrontato e descritto la nostra via di salita con molti alpinisti che ci sono stati e tutto collima: il punto massimo da noi raggiunto coincide con la vetta principale dello Shisha Panga. E’ una storia che abbiamo fatto presente più volte, tra l’altro siamo passati sotto allo Shisha da poco e, ripeto, non c’è dubbio: siamo stati in vetta!

Con l’Everest dunque sono 10 gli Ottomila che finora hai salito senza ossigeno. Un record al femminile. Che ne pensi e come la vivi questa corsa alle 14 montagne più alte della terra: è una gara?
No, non è una gara per il semplice fatto che una competizione deve prevedere le stesse regole per tutti. E questo in Himalaya non è possibile né pensabile. Per questo per me, per noi, questa non è una gara. Che poi sia “vendibile” l’obiettivo di salire tutti i 14 Ottomila è un altro discorso, ma certamente non può essere una gara. Quello che so è che mi mancano ancora 4 Ottomila per arrivare a salirli tutti e 14, fin lì so arrivarci con la matematica. Ma non è una competizione…

Cosa hai capito di questo Everest, così affollato e così conteso?
Qui è vero che c’è di tutto. Quest’anno c’era anche chi voleva salirlo in mutande, ma ha già rinunciato… La definizione più giusta forse l’ha data il nostro amico Sergio Valentini che il 18 è salito in vetta all’Everest senza ossigeno: qui ci si ritrova con tantissime persone, moltissime magari non hanno mai fatto alpinismo ma vogliono vivere quest’esperienza della montagna più alta… L’esperienza di vedere il mondo dalla sua massima altezza…

La cosa più strana che hai visto all’Everest…
Forse non è la più strana. Ma mi hanno colpito un gruppo di giapponesi tra i 60 e 70 anni che ho incontrato sulle corde fisse per salire al Colle Nord. Ho pensato: speriamo che non si diffonda la notizia in Italia, magari gli viene in mente di organizzarci delle gite per quando siamo più vecchi.

Allora se non è una ri-cima dell’Everest cosa sogni adesso?
Desidero un gelato… Sento la necessità di scendere di quota… e sogno il sole, di abbronzarmi un po’ le gambe… Ci sentiamo quando torno a casa. Ciao.

intervista di Vinicio Stefanello


Note:
Tutti gli Ottomila (senza ossigeno supplementare) saliti da Nives Meroi e Romano Benet:
Everest (2007)
Dhaulagiri (2006)
K2 (2006)
Lhotse (2004)
Gasherbrum 1 (2003)
Gasherbrum 2 (2003)
Broad Peak (2003)
Cho Oyu (2003)
Shisha Pangma (1999)
Nanga Parbat (1998)

arch. news Meroi - Benet
nives.alpinizem.net
www.fancymountain.com



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